Centro di rieducazione sonico vibrazionale
Gli acufeni cronici sono dovuti a un problema dell’orecchio?

Questo lavoro, ed altri in esso citati, conducono a ripensare le precedenti concezioni sulle cause e sul possibile trattamento degli acufeni. Tutti gli studiosi sono ormai concordi sul fatto che la cronicizzazione del fastidioso suono costantemente percepito ad una od entrambe le orecchie, abbia ben poco a che fare con un problema alle orecchie o all’udito. Le aree uditive del cervello sono solo l’ultima destinazione di un’eccitazione neuronale che arriva ad essere coscente e quindi sentita come “rumore”, “fischio”, “scroscio”, ecc, soltanto perchè altre strutture del cervello non sono state in grado di bloccarlo prima.

Connettività del netwok uditivo in “stato di quiete” nel tinnito: uno studio di risonanza magnetica funzionale

Il tinnito viene definito come la percezione  di un suono in assenza di stimolo uditivo esterno. Viene a volte descritto come un’esperienza uditiva ‘fantasma’. Circa il 15% della popolazione è affetta da tinnito cronico e il tinnito influisce in modo severo sulla qualità della vita dell’1-3% della popolazione. L’opinione prevalente sulla sua origine è che sia una conseguenza percettiva di un’alterazione dell’attività neurale intrinseca generata lungo le vie acustiche centrali in seguito ad un danno alle strutture uditive periferiche. La perdita di input afferente al sistema uditivo centrale può dare il via al tinnito, in seguito, i meccanismi centrali sembrano avere un ruolo importante nel suo mantenimento.
Rauschecker ha proposto un modello per il tinnito nel quale il nucleo accumbens e l’associato network paralimbico nella corteccia prefrontale mediale giocano un ruolo importante. Questa teoria suggerisce che, in circostanze normali, il segnale del tinnito viene cancellato a livello talamico da un ciruito a feedback inibitorio che origina dalle strutture paralimbiche. Se le regioni paralimbiche sono compromesse, viene persa l’inibizione del segnale del tinnito a livello del filtro talamico, consentendo al segnale di arrivare alla corteccia uditiva dove avviene una riorganizzazione permanente e quindi la cronicizzazione del tinnito.
Larson e colleghi hanno mostrato che la stimolazione elettrica del nucleo caudato evoca suoni fantasma e modula il volume del tinnito. Questi risultati indicano che i gangli della base e il nucleo di accumbens potrebbero avere un ruolo chiave nella fisiopatologia del tinnito, consentendo o meno al segnale uditivo fantasma di raggiungere la consapevolezza conscia.
Cacace nel 2003 ha evidenziato il tinnito possa essere direttamente evocato o mo-dulato da input provenienti dai sistemi somatosensoriali, somatomotori e visuo-motori. Ciò ulteriormente supporta il fatto che il tinnito possa derivare da, o essere modificato da, interazioni neurali crossmodali.
In conclusione il segnale del tinnito non è legato solo all’attività delle aree uditive sensoriali, ma è anche associato ai cambiamenti nella connettività nelle aree limbiche/paraippocampali, gangli della base/nucleo accumbens, network associativi di alto livello prefrontali/parietali, sistemi infratentoriali tronco/cerebellari e senso-motori/visuo-motori. Questi risultati dimostrano che c’è una variazione nella connettività funzionale corticale e sottocorticale nel tinnito coinvolgente sistemi attentivi, mnemonici ed emozionali.

Riassunto. La neuroanatomia funzionale sottostante il tinnito è poco nota. Alcuni studi si sono concentrati sui cambiamenti funzionali della connettività cerebrale nei pazienti affetti da tinnito. Lo scopo di questo studio è quello di valutare attraverso la risonanza magnetica funzionale se lo schema delle connessioni del network uditivo nello “stato di quiete” mostri delle differenze nei pazienti con tinnito rispetto ai controlli sani. Sono stati studiati 13 pazienti con tinnito cronico e paragonati con 15 pazienti sani attraverso una RMNf a 3 tesla. La connettività è stata studiata usando la ICA (Indipendent Component Analysis) e un approccio di selezione automatica dei Componenti che teneva conto delle proprietà spaziali e temporali di ogni componente. La connettività delle regioni extrauditive come il tronco encefalico, i gangli della base/nucleo accumbens, il cervelletto, le aree paraippocampali, prefrontale destra, parietale e sensorimotorie è stata trovata aumentata nei soggetti con tinnito. La corteccia uditiva primaria, le regioni prefrontale sinistra, il giro fusiforme sinistro ed entrambe le regioni occipitali hanno mostrato una diminuzione della connettività nei pazienti affetti da tinnito. Questi risultati dimostrano che vi è una alterazione della connettività funzionale corticale e sottocorticale nel tinnito che comprende i networks attentivi, mnemonici ed emotivi. I nostri dati confortano l’ipotesi di un coinvolgimento di regioni non uditive nella fisiopatologia del tinnito e suggeriscono che diverse regioni del cervello sembrano partecipare alla persistente consapevolezza del fenomeno così come allo sviluppo del distress associato che porta al tinnito cronico disabilitante.

Maudoux A, Lefebvre P, Cabay JE, Demertzi A, Vanhaudenhuyse A, Laureys S, Soddu A. PLoS One. 2012;7(5):e36222. doi: 10.1371/journal.pone.0036222. Epub 2012 May 4.

Abstract. The underlying functional neuroanatomy of tinnitus remains poorly understood. Few studies have focused on functional cerebral connectivity changes in tinnitus patients. The aim of this study was to test if functional MRI “resting-state” connectivity patterns in auditory network differ between tinnitus patients and normal controls. Thirteen chronic tinnitus subjects and fifteen age-matched healthy controls were studied on a 3 tesla MRI. Connectivity was investigated using independent component analysis and an automated component selection approach taking into account the spatial and temporal properties of each component. Connectivity in extra-auditory regions such as brainstem, basal ganglia/NAc, cerebellum, parahippocampal, right prefrontal, parietal, and sensorimotor areas was found to be increased in tinnitus subjects. The right primary auditory cortex, left prefrontal, left fusiform gyrus, and bilateral occipital regions showed a decreased connectivity in tinnitus. These results show that there is a modification of cortical and subcortical  functional connectivity in tinnitus encompassing attentional, mnemonic, and emotional networks. Our data corroborate the hypothesized implication of non-auditory regions in tinnitus physiopathology and suggest that various regions of the brain seem involved in the persistent awareness of the phenomenon as well as in the development of the associated distress leading to disabling chronic
tinnitus.

 

3 Comments

  1. michele1980 ha detto:

    spero che questo problema di chi soffre di tinnitus come il sottoscritto la medicina lo risolve subito perche c'e' tantissima gente che soffre ed un consiglio che do a tutti i giovani che vanno in discoteca di protteggersi l'udito perche quando si hanno dei traumi acustici ci sono delle lesioni a livello dell'orecchio interno PROTEGGETE L'UDITO

  2. raffaele ha detto:

    quindi quale sarebbe la terapia appropiata ?  o dobbiamo morire cosi ?

    • Dr. Piccinini C. ha detto:

      Gentile Raffaele, la possibilità terapeutica di cui mi occupo è quella dell’impiego del metodo Tomatis per aiutare a convivere e tentare di rimuovere l’inferno sonoro in cui le persone che soffrono di acufeni si trovano a vivere. Sarei felicissima di poterle garantire al 100% la riuscita, ma non sarebbe serio, soprattutto senza aver valutato il suo caso particolare. Se vuole maggiori informazioni sul metodo, la invito a visitare la pagina sugli acufeni del sito (https://www.tomatismodena.it/acufeni_pagina/). Qualora le servano ulteriori spiegazioni può contattarmi all’indirizzo piccinini@tomatismodena.it

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